Chiarissimo direttore,
ho pianto, in silenzio. Sono stato ferito dai voti che una parte della Margherita ha riversato sulla Casa delle Libertà. Sono presidente di un circolo del fiorellino. Ho visto margheritini brindare alla sconfitta del centrosinistra. Amici con cui ho condiviso oltre un anno di riunioni. È triste. Lo sarebbe stato comunque fosse andata.
Anche io ho votato la destra. Anni fa. Il progetto della Margherita non mi convinceva. Militavo nei Popolari e, invece di seguirli nel nuovo movimento, aderii al CDU. Ho votato Cesa, Catone, Patriciello, Gianfranco D’Antonio. E non me ne vergogno. Ho varato, con Ernesto Marino, la prima conferenza programmatica permanente del centrodestra. Ho scritto e firmato manifesti, volantini, interventi ai consiglieri comunali del centrodestra. Poi sono andato via. Ritenevo che ci fosse troppa approssimazione. In quegli anni ho votato il centrodestra, militando nel centrodestra. Nessuno mi potrà mai rimproverare. Oggi ho votato il centrosinistra, militando nel centrosinistra. Ho consegnato volantini, bussato alle porte degli angresi, presentando una proposta e invitando a preferirla. Nessuno mi potrà mai rimproverare.
Eppure ho pianto, in silenzio. Ferito dagli amici. Sorpreso da chi ho sempre considerato un punto di riferimento. Da coloro cui tenderò sempre la mano, cui presterò sempre attenzione, fiducioso che, prima o poi, possano riflettere su ciò che hanno determinato e giungere a conclusioni diverse da quelle che hanno segnato la scheda. Credo che non sia giusto parlare di trasformismo. Non lo meritano. Dobbiamo essere prudenti.
Alcuni hanno reagito. E per questo sono preoccupato e ferito. Non deluso, però. Credo che loro, io ed il centrosinistra, tutti insieme abbiamo pagato l’insipienza della classe dirigente diessina e margheritina. Una classe dirigente che non ha saputo riconoscere il valore delle risorse cui poteva attingere. Una classe dirigente che ora pende dall’Ulivo. Una classe dirigente di cui questo paese può fare a meno. E, credimi, non ne faccio una questione di nomi, ma di stile. Questa è una classe dirigente senza grazia e destino. Purtroppo. Mi auguro che abbia la capacità, riproponendosi, di recuperarli entrambi. Alla reazione di alcuni si è accompagnata l’azione di altri. E di questi, consentimi, non voglio parlare. Tra loro ci sono amici fraterni, ma anche persone che negli ultimi anni sono passati nelle stanze di palazzo Doria e che definire immondizia è fare un torto ai rifiuti.
Il trasformismo è una cosa seria. Lo sai. Non può riferirsi alla mappa politica dell’esecutivo. Magari lo si potrebbe riconoscere in chi da sinistra ha votato a destra. Ma la parola ha un significato che va oltre la pagliacciata cui abbiamo assistito. C’è chi lo ha fatto per fame, chi per ripicca e chi perché, comunque, doveva dar conto.
E ci sono anche gli altri: i ragazzini capricciosi. Gli eterni adolescenti, invecchiati senza mai diventare adulti. Anni fa il padre di uno di loro, parliamo dell’alta borghesia angrese, sia chiaro, mi disse questo: vorrei non essere costretto ad elemosinare occasioni di lavoro per mio figlio, per avere la libertà di scrivere come te. È vero, lui avrebbe voluto allora e magari lo vorrebbe ancora. Ma non può. E nelle sue condizioni sono in tanti. Non è una questione di destra, sinistra e centro. Mancano gli uomini. Se Peppino La Mura fosse andato da Gianpaolo per dirgli ti assicuro il mio sostegno, con discrezione, a patto che mi sistemi Eugenio Macchia al comune o nella Angri Eco Servizi, lo capirei, avrei nulla da rimproverargli. Non è mai stato un politico, non credo sia tanto cretino da credersi politico, gestisce un pacchetto di voti e si sacrifica pur di assicurare un futuro occupazionale ad un amico disoccupato. Per me questo va bene. Va bene se lo fa Peppino La Mura, uno che fino all’altro ieri se ne stava a casa sua e che altri sono andati ad inquietare. Che vuoi che se ne freghi della destra e della sinistra, ha tolto un povero cristo dalla strada. Che vuoi che ne sappia di trasformismo? Il dramma è un altro. E, ancora una volta, non ha i tratti del trasformismo. Il dramma è in chi sceglie l’anomalia per colpire quanti militano nel suo stesso schieramento, convinto che lo abbiano trascurato o, peggio, gli abbiano fatto del male. Almeno credo. Posso anche sbagliarmi. Se lo ritieni opportuno correggimi. Da te accetto, come sempre, lezioni di stile e giornalismo. La giunta, in fine, è di qualità. Ma è sempre e solo un’aggiunta. Un’aggiunta di persone per bene. E non è poco. Se qualcuno ci avesse pensato prima e altri fossero stati adeguati al ruolo che occupavano, queste risorse della nostra comunità avrebbero potuto garantire un contributo ed evitare che la situazione precipitasse. A prescindere dalla destra, dalla sinistra e dal centro.
Ciao.
Eugenio Macchia direttore Macchie di Cronaca