Egregio direttore,
quanto sta accadendo con particolare riguardo al conflitto tra amministrazione comunale e dipendenti non può non meritare una riflessione. La polemica tra la parte politica e la parte burocratica ha raggiunto il punto più critico della recente storia cittadina. Il suo quotidiano ha diligentemente e senza veli ospitato diverse opinioni al riguardo, senza escludere nessuno. Le voci che si sono incrociate e sovrapposte sono state tante e di diverso orientamento.
Pippo Della Corte
Insomma, la diatriba in corso ha sollevato un forte dibattito. Fare una sintesi cercando di capire cosa sta avvenendo non è semplice. Le motivazione che hanno portato a tanto astio sembrano essere diverse. In primo luogo a pesare pare essere il background culturale del primo cittadino, abituato a lavorare all’interno della propria azienda ed ispirando quindi la sua azione e quella dei propri collaboratori e dipendenti ai criteri privatistici dell’efficienza e della efficacia.
La trasposizione “sic et sempliciter” dei criteri citati all’interno del comparto pubblico ovviamente risulta essere impensabile ed improponibile. Il sindaco avrebbe dovuto immaginarlo. La pubblica amministrazione (non solo ad Angri), al netto di una parte dei suoi lavoratori, è da sempre afflitta da pesanti sacche di improduttività, lassismo e menefreghismo. Le più recenti indagini sul mercato del lavoro lo dimostrano ampiamente. E’ chiaro che chi è abituato a lavorare in una struttura dinamica, veloce, vocata al raggiungimento del risultato, difficilmente può digerire ritardi a suo modo di giudicare inspiegabili.
Preso atto di ciò il primo cittadino, anziché acuire una sterile ed improduttiva polemica, avrebbe dovuto a mio avviso muoversi su due fronti : da un lato convocare immediatamente le rappresentanze sindacali con cui avviare un dialogo aperto nell’interesse della città premiando i meritevoli, dall’altro assumere provvedimenti sanzionatori, nei limiti della legge, nei riguardi di quei settori dell’amministrazione che a suo dire frenerebbero la propria azione di governo. Dispiace notare che anche i suoi più stretti collaboratori non abbiano individuato in questa strada, apparentemente banale, la possibilità di uscire dalla terribile empasse in cui la città si trova. Insomma, il sindaco dovrebbe calarsi nei panni del “buon padre di famiglia” avendo come obiettivo lo sviluppo della città. L’atteggiamento padronale che ha portato ad un muro contro muro come si vede non sta premiando ed a farne le spese come al solito sono i cittadini che attendono numerose risposte alle proprie esigenze.
Altro aspetto da sottolineare è quello relativo alle recenti nomine di numerosi e costosi collaboratori esterni. La loro presenza è stata percepita dai comunali, molti dei quali smaliziati e con esperienza trentennale, come una sorta di vigilanza sul proprio operato. Insomma, gli “esterni”, molti dei quali invece giovani e privi di esperienze professionali specifiche, sono stati considerati come dei caporali di giornata. Ed è noto il fatto che non è piacevole lavorare al cospetto di caporali o caporalesse (mi sia consentito il neologismo). Ciò posto il governo cittadino in carica, che oramai può contare su una elefantiaca e sproporzionata maggioranza consiliare, non può continuare ad amministrare accusando il comparto pubblico dei ritardi nel raggiungimento dei propri risultati. In altre realtà comunali, anche limitrofe, vigono le stesse leggi e le stesse prassi angresi, ciò però non ha impedito di dare risposte alla collettività. Non è forse così ? Orsù dunque che ognuno faccia la propria parte.